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La montagna sacra – Viaggio nel cinema di Alexandro Jodorowsky

La trama

Un officiante nerovestito compie liturgie esoteriche ed iniziatiche su due giovani donne vestite di bianco in un misterioso santuario dove risuonano sacri mantra. Le lava, le spoglia, taglia loro i capelli, le copre con le sue braccia in una simmetria da trittico. Scorrono, poi, immagini di simboli e collages esoterici. Stacco.

Un uomo, crocifisso al terreno, con la faccia ricoperta di api, giace in stato di incoscienza fra aride alture. Lo raggiunge un indio, nano e senza braccia che gli pulisce il viso. Un’orda vociante di bambini nudi liberano il corpo dell’uomo che appare poi di nuovo crocifisso ad un tronco.

È un ladro, il cui aspetto ricorda l’iconografia tradizionale del Cristo. Viene lapidato dai bambini incitati dal freak. Svegliatosi, dopo essere sceso dalla croce lancia un urlo che mette in fuga tutti gli astanti tranne il nano, che, spaventato dall’atteggiamento dell’uomo, gli offre di fumare dell’erba. Stringono istintivamente amicizia e cominciano a ridere insieme.

L’azione si sposta in città. Potrebbe essere una qualunque cittadina latino americana. Fra la piazza del mercato ed una chiesa in rovina, i due nuovi arrivati osservano una società militarista e degradata: una parata di soldati che portano in sfilata agnelli scuoiati e crocifissi, ricchi borghesi che avanzano in ginocchio, proletari che vengono fucilati (ma dalle loro ferite escono sangue blu e uccellini vivi).

Il tutto viene fotografato con divertito entusiasmo da una comitiva di turisti nordamericani. Uno di loro filma addirittura la violenza carnale di un soldato sulla sua compagna di viaggio. Poi chiede al ladro di immortalare anche lui filmando l’intero trio in cambio di denaro.

Sulla piazza, intanto, un cartello pubblicizza lo spettacolo del “Grande Circo dei Rospi e dei Camaleonti” che sta per cominciare. Il tema del giorno è “La conquista del Messico”. Ottenuta una parte, il ladro e il freak, si preparano alla rappresentazione. Mentre in sottofondo risuonano musiche popolari indios, la mdp segue su un grande plastico camaleonti e iguane vestite con tradizionali abiti atzechi. Una marcetta nazista accompagna invece l’arrivo delle tre caravelle. Sbarcano stuoli di rospi vestiti con corazze crociate e sai da frate. Attaccano i camaleonti. Cola il sangue, gli animali agonizzano e l’intero set viene fatto saltare in aria. Finita la rappresentazione il Ladro e il suo compagno, riprendono il cammino passando davanti ad un’insegna recante la scritta “Christ for sale”. 

Un ciccione, travestito da suora (ma potrebbe essere tranquillamente un richiamo alla iconografia mariana) e tre altrettanto obesi soldati romani, affidano al ladro il compito di portare una croce per uno dei filmini dei soliti turisti. La Via Crucis ha inizio. Il ladro rispetta la parte e si ritrova infine a festeggiare, in compagnia della suora e dei tre soldati romani, a suon di libagioni. Inebetito dall’alcool si addormenta. A sua insaputa i compagni di bevute utilizzano il suo corpo per farne un calco a sua immagine. Ricoperto di gesso liquido, quindi il Ladro/”Cristo” seminudo funge, suo malgrado, da modello. La mdp, con un lentissimo zoom out, lo ritrova poco dopo, in un magazzino di specchi, sommerso dalle centinaia di copie moltiplicate all’infinito. Urla di rabbia, scaccia a frustate i “suoi” mercanti e distrugge le false icone. Intanto, nella cattedrale, dodici prostitute fissano un’immagine votiva del Cristo della passione.

Escono dalla chiesa e, con sguardi sensuali, si offrono ai clienti. Una di loro, quasi una bambina, viene corteggiata da un vecchio che le regala il suo occhio di vetro come pegno. Si avviano lungo la strada e incontrano il Ladro/Cristo che, a mò di processione, porta, forse, l’ultima copia del Cristo di gesso rimasta intatta. Le prostitute lo scherniscono deridendolo, tutte tranne una, la quale, invece, fermatasi davanti a lui, con un panno, ascicuga prima il simulacro poi i piedi del Ladro.

Ripreso il suo “calvario”, il protagonista scorge in una chiesa militari che ballano in coppia una musica molto lenta. Entra e, dapprima, scopre una bibbia putrida che germina vermi e poi, in un letto, sotto le coperte, un alto prelato con un crocifisso che, una volta sveglio, comincia a blaterare parole confuse e senza senso ma, a gesti, appare chiaro che vuole scacciare, come eretici, il Ladro e il “suo” Cristo che, messi quindi alla porta, attendono le prostitute. 

L’uomo si ciba del volto del Cristo e dinnanzi a un nugulo di bambini, del freak e delle prostitute, attacca, poi, il crocifisso a dei palloncini rossi e blu e lo lascia andare su per il cielo. L’ascensione viene seguita da tutti gli astanti in religioso silenzio. Mentre il crocifisso scompare all’orizzonte il Ladro si avvia verso la piazza del mercato. Si accorge che tutti volgono il proprio sguardo in alto, verso il centro della piazza. Fissano una torre rossa altissima che sovrasta tutto, dalla sommità della quale, comincia lentamente a scendere una corda con un amo recante dell’oro.

Il Ladro, rubato un coltello, abbandona tutti e conquista velocemente l’oro e l’amo che lo issa su per la vertiginosa torre. Giunto in cima, si inoltra attraverso un cunicolo che termina con una membrana bianca e sottile. La recide con il coltello, dopodiché vi si tuffa gridando con animo bellicoso. È giunto ormai in un salone policromo: il tempio dell’Alchimista. Vi si avventura sempre più guardingo. 

L’alchimista è completamente vestito di bianco e il suo viso è nascosto da un enorme cappello a punta e a tese larghe. Siede su un trono fra due arieti. Due colonne (una bianca e una nera) delineano le quinte dell’inquadratura. Ha accanto un cammello e una ragazza di colore, nuda, con il corpo tatuato con lettere ebraiche e pieno di sigilli argentei. L’Alchimista si alza e accetta la sfida del Ladro, lo atterra più volte con mosse da arti marziali e alla fine lo immobilizza psico-fisicamente toccandogli sette punti del corpo. Con l’aiuto della muta ancella di colore, l’Alchimista estrae dal collo del prescelto un essere scuro simile ad un viscido anfibio. Dopodichè lo risveglia dallo stato di trance. 

Si scopre finalmente il volto e gli chiede: “Vuoi l’oro?” –  e l’altro fa cenno di sì. La scena si sposta quindi in una piscina, dove è immerso un ippopotamo. Qui l’ex-ladro, ormai discepolo, viene lavato a fondo e purificato dall’Alchimista e dalla sua sacerdotessa. In un laboratorio di alchimia, poi, l’ospite viene rinchiuso in un’ampolla e le sue feci e i suoi umori vengono trasformati in oro attraverso le fasi della pratica alchemica classica. Concluso il processo (in presenza di un pellicano e della negra che suona un violoncello), l’Alchimista invita l’uomo a tramutare se stesso in oro. Gli porge uno specchio. Spaventato dalla sua stessa immagine, l’uomo rompe il cristallo. Subito dopo si ritrovano in una sala di specchi.

Questa volta il discepolo dovrà rompere la roccia per scoprirne l’”anima” interna. I suoi tentativi sono vani e allora l’Alchimista con un gesto delicatissimo polverizza la pietra scoprendo una sfera di lucente cristallo. Si passa ad un’ulteriore fase del rito di iniziazione: come crearsi un’anima. In un’altra sala, le cui pareti rappresentano gli arcani maggiori delle carte dei tarocchi, il maestro affida al neofito quattro elementi: un bastone (sapere), una spada (osare), un calice sacro (volere), una medaglia d’oro con incisa una stella a sei punte (tacere).

Ancora un cambio di scena. Siamo in un salone sulle cui sette pareti si trovano altrettanti manichini, ognuno associato a un pianeta del sistema solare. “Sono gli uomini più potenti della Terra. Sono ladri come te ma ad un  altro livello” lo informa l’Alchimista. A turno costoro si presentano raccontando la loro attività nel contesto sociale che la riguarda. Rappresentano le sette facce di un prisma che racchiude in sé tutto il Potere consumistico-politico-militare, votato alla più disumana oppressione delle masse.

Il pianeta Venere è incarnato da Fon, un industriale di cosmetici e protesi anatomiche. Il suo potere ha come scopo il trionfo dell’apparenza e dell’edonismo: “Sappiamo che la gente  vuole essere apprezzata non per quello che è ma per quello che sembra”. Isla domina il pianeta Marte. Ovviamente fabbrica e vende armi, forgiate e concepite in accordo con le mode e le convinzioni religiose di ogni popolo e gruppo sociale. Klen ha per pianeta Giove. È un magnate d’arte contemporanea, che sfrutta sesso e body-art per sfornare su scala industriale l’effimero in carne ed ossa. Saturno è dominato da Sel. In apparenza intrattiene i bambini con le lusinghe del circo, in realtà li condiziona fin dall’infanzia mediante l’ideazione di particolari giocattoli di guerra, elaborati secondo le previsioni di un “computer elettronico per la politica del governo”. Urano, invece, è il pianeta di Berg, consigliere economico di un presidente dittatore. Per sanare il deficit dello stato suggerisce di eliminare quattro milioni di cittadini in cinque anni. Vengono così subito attivate le strutture di morte: camere a gas, università a gas, ecc. Nettuno si identifica con Axon, un capo della polizia con vocazioni nazi-fasciste e il culto della personalità di stampo maoista. Per educare le nuove leve promuove  il rito della castrazione, conserva i testicoli delle reclute, e fa esercitazione insieme alle giovani squadre reprimendo nel sangue i cortei di protesta. Infine Lut indica Plutone: il suo settore è l’architettura pianificata in senso disumano. L’individualità e il concetto di casa sono sacrificati per risparmiare tempo e denaro. L’ideale proposto per il riposo dell’operaio – in mezzo al ritmo incessante di produzione – è, sostanzialmente, una bara, un abitacolo che insieme ad altri milioni di cellette sarà il formicaio collettivo del futuro. 

Una volta terminati i singoli racconti vediamo un elicottero atterrare in prossimità della torre. Ne scendono i sette personaggi appena descritti. Tutti riuniti in una sala assistono alla “lezione” dell’Alchimista che espone loro il suo progetto: “Avete potere e denaro, ma siete mortali. Sapete che non potete sfuggire alla morte. Ma l’immortalità si può raggiungere. In ogni tradizione si parla di Montagna Sacra. (…) Nove uomini immortali abitano in cima alla montagna. Dal picco più alto dominano il mondo. Possiedono il dono di dominare la morte. Hanno più di quarantamila anni. Se altri hanno sconfitto la morte perché noi dobbiamo sopportarla?”.

Sostiene di aver scoperto l’ubicazione della montagna: l’isola del Loto. Passa poi a spiegare in cosa consiste l’alchimia umana:” Gli elementi dell’alchimia sono molti, ma finiti. Così le tecniche per trovare la luce. Gli immortali sono un gruppo. Se abbiamo successo dobbiamo rinunciare al nostro io individuale e diventare un essere collettivo”. Invita quindi tutti a bruciare il proprio denaro come segno del distacco dai beni materiali (il ladro, che non ha nulla da gettare nel fuoco, tenta di rubare una banconota ma viene ridicolizzato dagli altri). È la volta, poi, di bruciare i manichini, simulacri del loro io egoistico, doppelgänger dell’apparenza che avevamo visto nella sala dei tarocchi. 

Può finalmente avere inizio il pellegrinaggio dei nove segnato da diverse tappe spirituali, esercizi mentali di ogni sorta, tutti caratterizzati da un unico motivo conduttore: la rimmersione nella Natura. Ritroviamo a questo punto la prostituta in compagnia dello scimpanzè. Innamorata dell’ex-ladro segue il gruppo da lontano.

Il primo incontro è con contadino “guaritore”, poi con una donna che prepara alla comitiva una pozione a base di erbe selvatiche, poi con maestri indios. Questi ultimi insegnano ai nove ad espandere la propria percezione sensoriale, riuscendo a farli comunicare con i fiori e a sentire le voci della Natura. Poi, attraverso l’uso di droghe, li avviano verso l’acquisizione della corporalità collettiva.

Un altro passo riguarda l’oblio di sé e viene attuato annegando, in una fossa scavata nel terreno, la ciotola e l’acqua in essa contenuta “colpevoli” di aver riflesso i loro volti. Le rovine di un tempio atzeco sono testimoni di un’altra cerimonia purificatrice: quella della morte, durante la quale i nove imparano la rinuncia del proprio involucro terreno. “Ora siamo un gruppo” dice il Maestro. Possono, quindi,  imbarcarsi alla volta dell’Isola del Loto.

Sul molo, però, il Ladro/Cristo, prova ad accontentare un gruppo di bambini affamati  imitando il suo prototipo evangelico, ma, con una visione, l’Alchimista gli mostra l’inutilità del gesto. Sul battello la guida spirituale mostra le forme del pensiero servendosi di una stella marina e di figure volumetriche. Additando l’ex-Ladro lo esorta a liberarsi del mostro che ha dentro. Il gruppo lo aiuta ad estrarlo e esce fuori, come un aborto mentale, il freak, suo compagno di viaggio iniziale. Invisibile agli altri, il nano viene gettato in mare dal suo reticente “fratello” che si libera con grande dolore dell’anomalo fardello nascosto. Su una piccola imbarcazione la prostituta e lo scimpanzè seguono silenziosamente la spedizione.

L’apparizione in cielo di un uccello indica l’arrivo sulla terra ferma. Sbarcati, i nove, si radono i capelli e accettano l’invito di un anfitrione-imbonitore, gestore del “Bar del Pantheon”. È un cimitero pieno di gente e fracasso da fiera. Sono tutti coloro che hanno provato a scalare la Montagna Sacra ma che non ci sono riusciti. Tre falsi profeti dichiarano di aver raggiunto la meta con i mezzi più disparati: LSD, l’evocazione poetica, il potere di attraversare orizzontalmente la materia solida. Irritati e delusi i nostri protagonisti riprendono il cammino lasciandosi alle spalle le facili seduzioni del gestore. Durante la salita due incidenti richiedono un sacrificio fisico, anche a costo dell’amputazione di un dito.

Dalle distese di neve passano, salendo, ad un altipiano assolato, sempre seguiti a vista dalla donna e dall’animale. È giunto il momento delle “visioni dei Morti”: un’ulteriore pena del contrappasso ma solo per i sette ex-padroni (il Ladro-Cristo ne è, infatti, escluso). Sette inquietanti sketches, in cui ognuno rivive un particolare incubo legato all’inconscio sessuale con tinte più o meno macabre e selvagge.

Il tragitto è ormai concluso, in lontananza si scorgono già i profili dei nove immortali. L’Alchimista suggerisce di aspettare tre ore prima di attaccarli. Nel frattempo coglie l’occasione di dare l’ultima istruzione, riguardo la sua nuova autorità, al discepolo ex-ladro: “Non hai più bisogno di un maestro. Tagliami la testa”. Dopo aver ubbidito a malincuore, l’ormai neo-maestro si accorge di aver decapitato un agnello. Quindi gli viene presentata la prostituta e la loro unione viene benedetta: “Unisciti con questa buona donna – gli dice l’Alchimista – che ti ha seguito sin qui solo perché t’ama. Dimentica le vette, raggiungi l’eternità attraverso l’Amore.”

Il nuovo Alchimista, la sua compagna e lo scimpanzè si allontanano all’orizzonte. Torneranno alla torre rossa e insegneranno alla loro famiglia e al loro popolo. L’ultimo comandamento che ricevono è “Cambiate il mondo”.Intanto i sette rimasti salgono in cima alla montagna e scoprono che i nove immortali attorno al tavolo non sono altro che fantocci, tutti tranne uno, che è proprio l’Alchimista, il quale comincia, fra le risate generali, a fare sberleffi da bambino. Poi, in tono serio, scopre le carte dell’intera messa in scena: “Vi promisi il Grande Segreto e non vi deluderò. Questa è la fine della nostra avventura? No, niente ha fine. Venimmo alla ricerca dell’immortalità per essere dèi, ed eccoci qui, mortali, più umani che mai. Se non trovammo l’immortalità almeno trovammo la realtà. Incominciammo in una favola, abbiamo trovato la vita. Ma questa vita è realtà? No è un FILM. Zoom indietro!!”

Al suo comando, la mdp allarga l’inquadratura fino a scoprire l’intero profilmico: luci, microfoni, troupe del film. E ancora: “Noi non siamo che immagini, sogni, fotografie. Non dobbiamo restare qui, prigionieri. Romperemo l’iilusione. Questa è Maya. La vita reale ci attende.”. Abbandonata la finzione il gruppo si allontana mentre mantra risuonano come da principio.

Tratto da Jodorowsky errante – Viaggio nel cinema di Alexandro Jodorowsky di Emanuele Bertolini, 1999

4 commenti su “La montagna sacra – Viaggio nel cinema di Alexandro Jodorowsky”

  1. the holy mountain is a trip…
    mi ha tirato dentro…
    ho capito pocco, ma mi ha fatto suonare tante corde che vorrei sapere di più….
    ha fatto bene a leggere il resoconto per farmelo ripassare, grazie mille

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